Art, // April 10, 2021
Mita Riotto — ARTIST
Intervista all’artista Mita Riotto —
1. Chi sei e cosa fai?
Il mio nome è Mita, il mio cognome è Riotto, però, dato che tendo sempre a semplificare, il nome di battesimo è sufficiente e lo preferisco anche per firmare i miei lavori. Nella vita di ogni giorno io sono una comunissima mamma. Ho una figlia da poco maggiorenne e l’altra quasi. Alla mattina lavoro come dipendente in una piccola ditta artigiana specializzata in montaggi di componenti elettriche ed elettroniche. Nei pomeriggi, mi impegno per trasformare le mie passioni principali, cioè la pittura e la scrittura, in attività a tempo pieno.
2. Perché l’arte?
Arte perché mi fa stare bene, in sostanza. Di solito, a questa domanda rispondo che scrivo per buttare fuori il nero che sento dentro e dipingo per dare colore al grigio che vedo fuori. Comunque sia, la creazione artistica è sempre una forma di meditazione, perché nel momento in cui mi concentro su un’immagine che vuole uscire in immagine o parola, una parte di me si allontana da tutto il resto, e si resetta così dai virus di ogni tarlo mentale.
L’arte ha sempre fatto parte della mia vita, ma è solo da poco che la sto considerando dal punto di vista professionale, nel senso che è solo dal 2017 che ho cominciato a divulgarla. Quando nel 2010 ho perso improvvisamente mio marito, ho trovato nella scrittura un potente mezzo terapeutico per affrontare il mio lutto. Il libro che avevo iniziato nel periodo più felice della mia vita, cioè durante la mia prima gravidanza, è diventato la mia cura. Sette anni dopo, in corrispondenza con un percorso di studio delle discipline olistiche, ho avuto il coraggio di tirarlo fuori dal cassetto e di farlo pubblicare. Quel passo però, per quanto tormentato, è stato determinante, perché mi ha messo davanti altri nodi fino ad allora irrisolti. Mi sarei messa a ridere se dieci anni fa qualcuno mi avesse predetto che un giorno avrei avuto il coraggio di prendere un microfono in mano per presentare ad un pubblico la mia persona e i miei lavori perché sono sempre stata molto timida, e quando andavo a scuola i voti brillanti nei compiti scritti dovevano sempre rapportarsi alle insufficienze nelle interrogazioni orali. Probabilmente ho sviluppato il mio lato artistico proprio perché mi permette di comunicare in maniera più efficace, immediata e dettagliata di quanto riuscirei a farlo verbalmente. Così nel 2017 ho deciso di far pubblicare il mio libro “Fluir di fiume”, e, presentandolo al pubblico, ho cominciato anche ad esporre i miei quadri, e pian piano è aumentata la consapevolezza di quello che veramente volevo fare nella vita, anche a costo di affrontare sfide per me enormi, e, ora come ora, perseguire il sogno di diventare artista a livello professionale mi sembra una forma di rispetto nei confronti della mia natura, che ha bisogno di fare arte per stare bene e per sentirsi appagata e realizzata.
3. Qual è il tuo primo ricordo di voler essere un artista?
Ho avuto la fortuna di crescere in una zona boschiva ricca di risorgive, e il contatto quotidiano con la terra ha da sempre alimentato la mia sensibilità e la mia vena artistica giorno dopo giorno. Avevo sempre sotto gli occhi l’esempio primo della creazione, quella della natura. E’ stata la natura la mia prima maestra, non solo perché mi ha trasmesso questo desiderio di creare in continuazione, ma anche perché, senza dir parola, mi dava risposte a domande che ancora non mi facevo. I bambini conoscono benissimo loro stessi, e sanno quel che vogliono. Nei pomeriggi della mia infanzia, portavo la mia piccola scrivania pieghevole vicino al laghetto. Prima facevo i compiti, e se c’era qualche tema da svolgere ero contentissima, e riempivo pagine del quadernetto senza sosta, senza preoccuparmi di scarabocchiare o di fare le orecchie alle pagine; alla fine la maestra mi scriveva sempre con la penna rossa commenti come bravissima o superbrava e mi disegnava un sacco di cuoricini, e io mi sentivo orgogliosa di portare ai miei genitori quei riscontri. Poi alzavo il piano di appoggio e compariva una lavagnetta sulla quale ho consumato migliaia di gessetti in disegni sempre nuovi. Se la terra del campo era arata, raccoglievo l’argilla e plasmavo statuine. Me ne stavo ore ad osservare l’acqua, e ricordo che in terza elementare la maestra ha portato tutta la classe con foglio e matita davanti al mulino, e poi ha fatto partecipare i disegni ad un concorso regionale. Ho vinto il terzo premio, un salvadanaio in acciaio con il marchio della banca con dentro ventimilalire e un barile di soddisfazione. Potrei dire quindi di essermi scoperta artista a nove anni, però quella stessa natura che mi faceva da maestra mi insegnava anche che nascondersi è preferibile, perché non espone a giudizi, e mi sono illusa che le strade giuste per me sarebbero dovuto essere altre, più anonime e socialmente più accettabili di percorsi artistici che potevano benissimo rimanere considerati semplici passatempi.
4. Quali sono le tue tecniche e le tue tematiche preferite?
Le tecniche e le tematiche sono sempre in continua evoluzione e trasformazione. Nel periodo del lutto, la mia arte figurativa ha descritto vari angoli del boschetto della mia infanzia. Le immagini uscivano utilizzando solo la penna nera su sfondi 50 x 70 che dipingevo di giallo utilizzando a volte gli acquerelli, a volte gli smalti, a volte gli acrilici, a volte gli spray. La mia prima serie di lavori è compresa nella collezione “Black Inks”. Passato il periodo più buio, ho cercato la pace negli abissi dell’oceano, ed è nata così la mia collezione “Submerged Worlds” che ho lavorato soprattutto con colori ad olio. Parallelamente poi ad un percorso di studio delle discipline olistiche, è nata la collezione “Shamanic Art”, uno sguardo su altre dimensioni, sulla quale ho sperimentato gli acrilici, i fluo, le lampade UV. Per la Collezione “Electric Art” ho utilizzato gli scarti di produzione industriale della ditta presso cui lavoro ogni giorno, e per cristallizzarli sulla tela ho trovato un materiale formidabile come la resina epossidica.
5. Come lavori e come approcci la tua materia?
La mia arte è sempre istintiva. Creo in maniera assolutamente spontanea, cerco continuamente nuove tecniche, nuovi materiali, nuovi colori, nuovi mezzi espressivi; adoro pasticciare e sperimentare. Seguo sempre l’estro; ci sono giorni in cui preferisco scrivere, altri in cui dipingo, altri in cui non riesco a fare niente, altri in cui non ho voglia di fare niente. Approcciarmi all’arte è come accingermi a salire sull’altalena, che è un gioco semplice, senza pretese, individuale, non pericoloso, senza sfide, adatto ad ogni momento in cui si vuol stare in pace e sentirsi liberi di volare anche se si hanno i capelli bianchi.
6. Quali sono le tue opere d’arte e artisti preferiti?
Jaclson Pollock è in maniera indiscussa l’artista in cui maggiormente mi ritrovo, per la similitudine delle tecniche e delle tematiche. Gli artisti però che stimo e ammiro di più sono quelli che fanno con i pennelli quello che io non riesco, quelli che disegnano le linee dritte, i cerchi perfetti, i dettagli nei dettagli, quelli che ritraggono la realtà con precisione fotografica, quelli che applicano alle loro opere formule geometriche, proporzioni matematiche, misure perfette al millimetro.
7. Quali sono le migliori risposte che hai avuto al tuo lavoro?
La narrativa e la poesia mi portano riconoscimenti ufficiali dal 2005, con una lista piuttosto lunga diplomi, medaglie, segnalazioni e trofei. Quello di cui sono più orgogliosa è il Premio del Presidente alla VI edizione del Concorso Internazionale di Sarzana, che si può trovare su you tube con la presentazione del libro. A livello umano, però, narrativa e poesia mi hanno dato ancora di più, perché ho potuto trovare nuovi fratelli e sorelle di emozioni e perché sono riuscita a riavvicinare alla lettura persone con i capelli bianchi che non toccavano libro dalla quinta elementare. Le arti figurative ho cominciato a divulgarle in tempi molto più recenti ma si sono fatte notare fin da subito perché utilizzo materiali e tecniche piuttosto singolari, cioè scarti di produzione industriale cristallizzati nella resina epossidica. L’evento pubblico meglio riuscito per quanto riguarda lambito artistico è stata l’esposizione presso un grosso centro commerciale, che in pochi giorni ha spinto in modo esponenziale la mia visibilità e la crescita dei miei profili social.
8. Cosa ti piace del tuo lavoro?
Del lavoro di artista mi piace soprattutto il fatto che è totalmente libero, libero da doveri, libero da orari, libero da schemi precostituiti, libero da ritmi alienanti, libero perché consente di fermarsi, libero perché sostituisce la creazione alla produzione, libero perché permette di sparire, libero perché regala all’individuo la piena libertà di esprimere sé stesso.
9. Che consiglio daresti ad altri artisti?
Non sono nessuno per dispensare consigli, ma mi sentirei di dire agli altri artisti di provarci sempre, di non aver paura di essere meno bravi o inferiori agli altri, di non temere i fallimenti e di imparare a trasformare le delusioni in punti di svolta, le cadute in spinte per emergere, gli sbagli in passaggi necessari per migliorare, come esseri umani prima che artisti.
10. Dove ti vedi tra 5-10 anni?
Non so se accadrà tra due o tra vent’anni, ma credo che in futuro tornerò a vivere nella casa nella quale sono cresciuta, con dietro il bosco, il lago, il fiume. Vorrei gestire un pollaio, un orto, vorrei piantare noccioli, vorrei mettere una piscina con idromassaggio nell’enorme giardino, e magari anche un bagno turco. La casa è stata costruita nel 1800, e ci sono abbastanza stanze per esporre tutti i miei quadri, e abbastanza spazio per un mega laboratorio riscaldato con faretti direzionabili, aspiratori, grandi tavoli, mensole, armadi, carrelli e magari anche un divano letto per le pause di riflessione e le notti in cui mi è troppo difficile staccarmi dall’arte per andare a dormire. Il lavoro in fabbrica non mi concede però questi lussi, quindi, nell’attesa e nella speranza che un giorno questi sogni si materializzino, spenderò ogni momento che posso per dare all’arte il giusto posto che le spetta. D’altronde, a me la vita ha insegnato che farsi progetti è inutile, perché da un giorno all’altro può cambiare radicalmente tutto, quindi preferisco limitare il mio orizzonte temporale al momento presente, e lasciare al futuro solo i sogni. Quindi cerco di immaginare le bolle dell’idromassaggio e di sentire anche il rumore che emettono nel getto, e di godere di quella fantasia come se fosse vera; intanto passeggio sulle rive di quel mio lago, e stare là tra gli alberi mi fa sentire la più ricca del mondo, anche senza bagno turco e piscina.
LINKS —
Arte Iyaliana Website – https://www.arteitaliana.org/riotto-mita/
PitturiAmo Website – https://www.pitturiamo.com/it/pittorecontemporaneo/shamanicontemporaryart-17850.html
Instagram – https://www.instagram.com/shamanicontemporaryart/
LinkedIn – https://www.linkedin.com/in/mita-riotto-40142625/
Facebook – https://www.facebook.com/mita.riotto